martedì 31 gennaio 2012

Le opposizioni di Monti (nuovo numero di qdR online)


Il governo Monti ha mantenuto la prima promessa. Dopo la prima fase basata sui sacrifici, passati alla storia con le lacrime della Fornero, dal 20 gennaio scorso è iniziata a tutti gli effetti la seconda. Quella totalmente dedicata a risollevare il paese. Come? Con le liberalizzazioni. Senza tabù, come ha sottolineato due domeniche fa il presidente del consiglio a In Mezz'Ora dalla attenta Annunziata.

Dopo più di due mesi di analisi su questo nuovo governo ce ne sono a volontà. Tanti dicono che è palesemente un governo di destra. Una destra europea, non ha la volgarità, l'incoerenza e l'inutilità del berlusconismo. Ma questo non deve indurre in errore: sempre di destra trattasi. Monti è un "liberale conservatore", dicono. E subito viene la voglia di imporre una riflessione su cosa significhi, oggi, "conservatore" e cosa "innovatore trattino progressista". Nel senso che fa progredire il paese, tutto, nel suo insieme.

Altri ancora si limitano a dire che si tratta di un governo liberale e (turbo)liberista; al massimo ricordano, ormai per la noia di chi ascolta, che il tutto è nato a Todi, con la benedizione e organizzazione dietro le quinte delle gerarchie vaticane. E, ovviamente, per la gioia di banche, assicurazioni, e della massoneria di cui Monti sarebbe un esponente "a sua insaputa".

Suggestivo il Neri Marcorè che ha inaugurato il palco di Show Must Go Off con un Casini che arriva "mascherato" da Monti, ma che subito ci tiene a "tirar fuori" la sua vera faccia. A questo, in un nanosecondo, si collega il commento di quanti rivedrebbero in Monti il Forlani leader della destra Dc.

Utilizzando queste e altre "argomentazioni", stiamo continuando ad assistere all'autoproclamazione di diverse opposizioni. Diverse perché starebbero in luoghi e con funzioni differenti. Diverse perché tra di loro, in teoria, non dovrebbero avere nulla in comune dal punto di vista delle "proprie idee propositive".

Ecco perché mi viene da dire che è diventato un divertissment ragionare sulle opposizioni a Monti. Ma non lo ritengo un giochino inutile. Mi pare evidente che elencare tutti i soggetti che gli stanno esprimendo avversità faccia riflettere a fondo. E questa operazione, a mio avviso, può risultare quasi catartica. Facciamola.

Cominciamo dall'opposizione "dura" e più visibile: la Lega che in parlamento ha mollato Berlusconi e che da subito ha tuonato contro "il governo dei banchieri" in difesa del "popolo padano". Dopo 20 anni di ministeri e governo centrale (quello che sta nei palazzi romani per intendersi), si è risvegliata di colpo nel 1992, in piena manipulite e di nuovo col cappio in mano. Salvo poi, en passant, salvare Nicola Cosentino e mettere in scena quel teatrino "maroniani contro cerchio magico" che ha fatto morire dal ridere. Ma poi della recentissima manifestazione di piazza a Milano cosa è rimasto? Credo la corbelleria detta da Renzo Bossi sui "fischi fuori sincrono", perché che Bossi, padre, faccia cadere Formigoni non ci crede nessuno. Mica è il nipote di Mubarak.

Passiamo al binomio Idv-Sel. Entrambi, da mesi, senza se e senza ma spalleggiano palesemente il sindacato duro e puro della Cgil (e Fiom). Ma quella di Di Pietro è una semi-opposizione parlamentare: l'Idv ha votato la primissima fiducia a Monti e adesso "farà le pulci pure a lui". Quella di Vendola invece è una opposizione totale e fuori dal parlamento. Comprensibili entrambe le scelte. Ma sono condivisibili? Nella recente conferenza stampa i due leader hanno dichiarato che "restano disponibili" ad allearsi col Pd nonostante che il partito di Bersani appoggi Monti convintamente. Ma perchè? Per fare cosa? Per riuscire a governare l'Italia tutta un giorno? Questa è un'impresa che richiede molta fatica e zero populismo in nessun frangente, da qui al medio periodo. Oppure l'hanno detto semplicemente per restare alleati nei governi locali che interessano di più? E lo stesso vale per il PD: avremo mai il coraggio di rischiare di vincere le elezioni nazionali per governare e quindi migliorare l'Italia intera?

C'è poi l'opposizione dei sindacati, anche questi di colpo tornati a indire conferenze stampa e scioperi unitari. Incredibile. Ma "sotto" Berlusconi, cioè fino a meno di 100 giorni fa, perché hanno tanto amato dividersi? Da questo punto di vista è' giusto riconoscere maggior coerenza alla Cgil, piuttosto che a Cisl e Uil che all'improvviso ostentano la loro opposizione molto di più con un governo che prova a fare tutto quello che è possibile rispetto a quello precedente che, ad esempio, non ha avuto il ministro dello Sviluppo economico per mesi e mesi. Ma tutti e tre hanno un problema che ormai devono affrontare per forza: questo governo glielo ha fatto capire già con la riforma del sistema pensionistico, e ora sarà ancora più evidente con la riforma del mercato del lavoro. Questi sindacati non rappresentano tutti i lavoratori. Ma solo quelli a loro iscritti, e quindi non possono arrogarsi il diritto di essere gli unici difensori del lavoro. Esiste un oceano di gente che deve trovare uno straccio di modo per farsi rappresentare: dai precari, alle partite Iva, a chi ai sindacati non si iscrive più.

Poi ci sono i comunisti. Quelli che legittimano i berluscones a utilizzare ancora questo capro espiatorio nei suoi proclami. Sono divisi in mille partitini, sempre di più le sigle (e gli iscritti?), e sono come il prezzemolo: ovunque in tv. Un giorno ci chiederemo quante persone rappresentano. Giorni fa Rizzo, che non sta nè con Diliberto, nè con Ferrero e neanche con Ferrando(perdonatemi se ho dimenticato qualcuno), su Twitter annunciava che sarebbe andato al Tg4 di Emilio Fede. In quella sede ha ricevuto applausi dal direttore, che pure a lui questo Monti piace poco.

Ci sono anche i malpancisti di Pdl e Pd, quelli che in parlamento devono fare buon viso a cattivo gioco. Ma provano a trovare boccate d'ossigeno (di consensi) nei giornali di area più "rivoluzionari". Il Giornale e Libero da una parte e dall'altra l'Unità, seppur in maniera meno evidente, danno sfogo ai fastidi e ai problemi che appoggiare questo governo sta portando a chi, in entrambi gli schieramenti, non ne è convinto per nulla e anzi attacca Monti appena può. In questo hanno maggiore gioco gli amministratori locali di fama nazionale, sia di Pdl che di Pd, che possono "fare il populismo" che gli occorre per tenere buoni i propri elettori.

Recentemente ho avuto modo di notare anche un'altra sorta di opposizione, molto meno rilevante e popolare, ma che ritengo interessante analizzare. Dalla Gruber una dirigente Udu(il sindacato degli studenti "di sinistra") ha ostentato al meglio quanto alcuni giovani siano (stati) convinti che si dovrebbe "odiare" un Martone(ospite della trasmissione), non capendo che questo atteggiamento "televisivo" (tra l'altro figlio proprio di quel berlusconismo che a sinistra si imputa ad altri) fa esattamente il gioco di un Martone e dei "tecnici": aumenta la loro popolarità e soprattutto il consenso delle persone nei loro confronti. Ammesso e non concesso che Martone (e gli altri ministri) abbia sempre e comunque torto a prescindere e/o sia in malafede. Apro e chiudo una parentesi. Il termine "sfigati" è stato un errore del professor Martone da cerchiare in rosso. E il viceministro, infatti, lo ha ammesso: anche questo alla fine è una rarità nella politica italiana. Ma cavalcare il populismo dell'anticonformismo è ancora più grave. Soprattutto se il problema esiste e non si danno soluzioni chiare, concrete e fattibili per risolverlo. Gli italiani non sono idioti, lo capiscono. Chiusa parentesi.

(continua a leggere su qualcosa di Riformista.

Ecco gli altri articoli di questo numero:
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lunedì 30 gennaio 2012

La finanza come la maestra che torna in classe


Ma quindi bastava far capire che i controlli esistono!?

 L'uomo non è cattivo, ha solo bisogno dei guardiani. Non ci ricordiamo quando andavamo a scuola cosa succedeva appena usciva la maestra?

Comunque sono compiaciuto assai che a destra non abbiano urlato che sembra di essere nella DDR. Ma forse perché il tempo delle favole è finito. | permalink

sabato 28 gennaio 2012

Verità profonde


Serve pazienza con i radical-chic che amano solo stare tra loro nei salottini del centro. Ma quando ti dicono di essere loro la "vera sinistra" ridi. Capisci che in realtà  "considerano" l'altro(italiano e non) solo per fare un piacere a se stessi. Tiocfaidh ár lá | permalink

venerdì 27 gennaio 2012

ACAB


Lo vado a vedere stasera. Già so che mi piacerà. Davvero, non mi capita sempre (e consiglio la recensione di Alessia Fedele).

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Il PD di Assisi per l'alternativa progressista


(un mio breve articolo scritto per Micropolis del 27 gennaio, mensile umbro di politica, economia e cultura)

Stiamo, ancora, vivendo una crisi economico-finanziaria senza precedenti nel secondo dopoguerra. E in Italia, in maniera più marcata, stiamo assistendo anche ad una profonda crisi della politica e delle rappresentanze sociali, tutte. Risulta ormai difficoltoso per le persone mettersi a rintracciare e a distinguere la “buona politica”.

Alla fine del 2011 il Partito democratico di Assisi ha celebrato il terzo congresso dalla sua nascita nel 2007. La volontà che lo ha animato con più forza e il risultato ottenuto hanno finito per coincidere. Il Pd di Assisi in questo 2012 proverà con tutto se stesso a riportare la politica a parlare di idee e soluzioni per i problemi concreti. Verranno lasciate da parte le famose “vecchie appartenenze”, non per un mero esercizio di facciata, ma molto semplicemente perché queste non portano da nessuna parte e, anzi, procurano danno.
Già da queste settimane l’obiettivo è chiaro e allo stesso tempo ambizioso: dare risposte alle difficoltà provocate dalla quotidianità e da questa crisi al nostro territorio. Giorno dopo giorno daremo il nostro contributo contingente, elaboreremo al meglio le nostre idee in connessione con quello che succede nella nostra realtà.

Vogliamo una città vivibile e accogliente con i servizi che merita. Cultura e turismo sono due capisaldi della nostra idea di sviluppo della città. E vogliamo trasparenza perché crediamo nella partecipazione dei cittadini al governo. Vogliamo un PD di Assisi radicato nel territorio grazie a forme anche nuove. E avremo un rapporto sano e proficuo col nostro, purtroppo, unico consigliere comunale. La stretta collaborazione col nostro gruppo consiliare rappresenta, comunque, una novità molto rilevante per l’efficacia e l’efficienza del nostro giovane partito.

In questo modo crediamo che alle prossime elezioni comunali sarà possibile offrire ai cittadini assisani una alternativa progressista credibile, quella alternativa forte di governo riformista che questa città non ha mai conosciuto. | permalink

mercoledì 25 gennaio 2012

Come abbiamo fatto a stare senza DeA?


E' tornato. L'ho già scritto più volte su Twitter. Ma non è su Fb, è tornato solo, si fa per dire, con un blog, che è già di nuovo alimento di ogni giorno. Come caspita abbiamo fatto a stare senza? Abbiamo faticato più del possibile, infatti. Per fortuna siamo riusciti a farlo tornare.
Tutte queste smancerie capirete quanto sono legittime. Vi basterà leggere cosa ha scritto sullo "sfigati" di Michel Martone, il vice-ministro, ora, più conosciuto d'Italia.

Ha riassunto tutto ciò che di buono e giusto si può commentare, noi possiamo commentare. E noi siamo tanti, ormai lo sappiamo.

Riporto i passaggi che preferisco io, ma qui leggetevelo tutto, davvero, compreso il post scriptum!

La compassione, la rabbia e la scocciatura, di chi attacca Martone, derivano dal fatto che, in un modo o nell’altro, mentre bamboccioni potevamo non dirci tutti, sfigati lo siamo un po’ tutti, oggi. Chi più chi meno. Ed ecco le sirene
[...]
Gentile viceministro, il problema è tutto qui. Sono troppi anni, è troppo tempo, che le nostre sirene sono molto meglio di Penelope.
Altro che Irene Papas!
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lunedì 23 gennaio 2012

Per forza con Monti


E' evidente che elencare tutte le opposizioni a Monti fa riflettere. Dalla Lega tornata al "Roma vaffanculo" dopo aver avuto ministri della Repubblica italiana per decenni, all'asse cgil_vendola_quota-pd-malpancista, ai notai-farmacisti-avvocati ecc., fino ai gattopardi con o senza forconi, ai tir e ai taxi.

Questo elenco forse dà conferme. E magari è già risultato catartico. E ancora attendiamo di leggere i testi definitivi. Soprattutto su quell'ssrl rivolta esclusivamente agli under35 che su due piedi non pare per nulla una minchiata. Ottima idea come l'impianto del ministro Fornero sulla riorganizzazione del mercato del lavoro.

Per essere proprio sicuri al cento per cento manca solo la rivolta organizzata di banche e assicurazioni. | permalink

Tanto per Ibra


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giovedì 19 gennaio 2012

Intervista a Fabio Lalli. L'enterprise 2.0 parla anche italiano


La usiamo tutti o, per lo meno, ne abbiamo sentito parlare almeno una volta. Instagram è la app del momento. E lo è da mesi ormai. Ma le novità sul suo conto continuano ad aumentare: stringe legami con altre realtà social e rafforza quelli esistenti.

Con i due mostri sacri di Internet e il social networking, Facebook e Twitter, le novità sono gustose e utili allo stesso tempo. Gli utenti-amanti di Instagram più attenti già le avranno notate da qualche giorno a questa parte. Adesso tutte le foto che abbiamo su Instagram che carichiamo su Fb vengono automaticamente archiviate in una cartella omonima. Su Twitter è possibile comporre uno sfondo con tutte le proprie foto di Instagram o quelle dei propri Followers.

Sul web invece è possibile archiviare e far vedere i propri scatti, gli amici e la nostra attività su Instagram grazie a Followgram. Una web app che sta avendo molto successo non solo in Italia; anzi, forse soprattutto proprio al di fuori dei confini nazionali.

Con uno dei fondatori di Followgram, Fabio Lalli, parliamo di questo e di molto altro legato al mondo dell' Enterprise 2.0, al come creare in Italia un business sulla rete. La visione di un imprenditore della nostra generazione, che da sempre considera e vive Internet non come un divertimento. O meglio, non solo.



Fabio Lalli, classe 1977, dal tuo profilo Twitter leggiamo anche "compulsive startupper", come ti definisci in rete. Continua tu: chi sei, cosa fai, perché?

Sono un appassionato di Internet, delle sue potenzialità e di comunicazione. Mi sono sempre occupato di programmazione e system integration. Negli ultimi anni ho seguito la direzione IT di alcune aziende e contemporaneamente ho cominciato a sviluppare alcuni progetti. Nel 2010 ho fondato il network Indigeni Digitali, da poco è divenuto Associazione No Profit, e a Luglio del 2010, insieme a Lorenzo Sfienti abbiamo lanciato Followgram. Ora mi sto occupando del lancio di un progetto chiamato IQUII, una Mobile Factory. Mi piace ideare cose nuove, sono adrenalinico, sono un papà, geek ;)


In Italia abbiamo una disoccupazione giovanile troppo elevata e drammatica: il 30,1%. A un giovane italiano, magari laureato, che ha un'idea, consiglieresti di provare a fare l'imprenditore? Come rendere Internet una vera opportunità e non solo "cazzeggio"? E passare dal virtuale al reale?

Ho iniziato il mio percorso professionale grazie ad Internet nel 1999. In quel periodo mi occupavo di 3D e progettazione Cad per alcuni studi di ingegneria ed architettura e contemporaneamente avevo iniziato a sviluppare siti internet. Nel '99 appunto, un dirigente exIBM mi ha trovato in internet grazie al mio sito personale e sono stato assunto da questa azienda di Torino in avvio su Roma e successivamente acquisita dal gruppo Altran. Da lì ho cominciato ad occuparmi di Internet. Tornando alla domanda iniziale, ti dico, quindi, per esperienza personale: è sbagliato dire "Internet può diventare una vera opportunità", perchè Internet è una opportunità e non si può oggi pensare di non utilizzare la rete, almeno come mezzo di diffusione del proprio business. Chi ritiene che internet sia solo "cazzeggio", non ha capito il valore vero della rete e le sue potenzialità.
Per quanto riguarda il fenomeno disoccupazione e il percorso da imprenditore, consiglio di fare questo mestiere a chi sente realmente di poterlo fare. Fare l'imprenditore vuol dire sacrificio, impegno, responsabilità, determinazione e convinzione prima di tutto. Se una persona pensa di potercela fare, la risposta è si, lo consiglio. Mettersi in proprio è una esperienza altamente formativa, è una palestra che ti allena moltissimo. Non è da escludere però, la possibilità che una persona voglia intraprendere prima un percorso professionale d'azienda e poi successivamente decidere di staccarsi e lanciarsi in un progetto di impresa. Sono diversi percorsi e tutti e due hanno pro e contro.


Ci dici quali sono, se ci sono, i primi 3 comandamenti dello startupper? E i finanziatori è meglio andarli a cercare direttamente all'estero?

Non è facile sintetizzare in 3 comandamenti, direi:

1) non aver paura di sbagliare: imparare dai fallimenti;

2) circondarsi di persone anche più brave e confrontarsi senza preoccupazione;

3) pensare in grande ed agire con passione.

Il "discorso finanziatori" è un tema lungo. Ne facciamo un'altra di intervista!? :) A parte gli scherzi, non è banale come domanda: secondo me in Italia i capitali ci sono, magari non sono tanti quanti quelli di cui sentiamo parlare su Techcrunch e via dicendo, ma ci sono. Personalmente non mi farei il problema sul dove cercare il finanziatore, Italia o estero, se non ho ancora bene in testa cosa fare!


Fra i tanti progetti che hai creato, hai fondato Followgram, già citata: l'applicazione web che permette di vedere le proprie foto di Instagram, l'app più scaricata e famosa da mesi. Noi di The Week siamo utenti affezionati, ma è oggettivo che ha avuto una crescita rilevante e una visibilità internazionale molto invidiabile. Quale è la situazione attuale, i numeri, e su cosa state puntando per questo 2012, una versione Pro?

Eh! parli con uno che è un Instagram addicted! Scrissi un post appena uscita l'app, nel quale dicevo che IG avrebbe generato dipendenza: così è stato. Instagram ha cambiato completamente le dinamiche del photosharing e ha rivoluzionato il mercato della fotografia dal mobile. Noi con Followgram stiamo puntando molto alla differenziazione delle funzionalità: non stiamo sviluppando un viewer come fanno gli altri, ma stiamo puntando alla creazione di una piattaforma social completa. Proprio ieri, in una intervista alla MSNBC, Mike il fondatore di Instagram ha detto che il futuro della monetizzazione di IG è nei brand e nei servizi pro. Ecco, noi da novembre stiamo sviluppando la nuova versione di Followgram, che conterrà proprio funzionalità estese e le brand page. Abbiamo già molti brand che le stanno utilizzando: Pitti, Fastweb, Dolce&Gabbana, KLM, e molti altri.
[...]

(continua a leggere l'intervista su The Week) | permalink

mercoledì 18 gennaio 2012

Wikipedia. Battaglia buona e giusta



Modalità #sopablackout. Altro esercizio che non è e non sarà inutile. Oltretutto sono proprio affari nostri: lo spiega Mantellini, qui. | permalink

martedì 17 gennaio 2012

Online il nuovo numero di qdR


È on line il n. 44 di qdR magazine, settimanale di propaganda riformista, dei riformisti italiani, quelli che vogliono cambiare tutto e subito.


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"Ma si rende conto che è buio qua?"


Non si finisce mai di stupirsi del nostro paese.

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lunedì 16 gennaio 2012

Un pensierino...


Lo so. In questo momento con "i mangia rane" per colpa di Sarko si stanno complicando di molto le cose. L'equilibrio sempre molto fragile è completamente saltato in queste settimane di divisione intraeuropee.

Ma io lo confesso. Ci sto facendo un pensierino. Al di là della pubblicità molto "nicca". Oltretutto, ancora mi posso permettere di non farmi una macchina italiana...

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venerdì 13 gennaio 2012

A proposito di liberalizzazioni


"Nulla più dell'attaccamento al principio ereditario garantisce la decadenza di un'istituzione sociale. Una riprova di ciò è che la Chiesa, di gran lunga la più antica delle nostre istituzioni, si è sempre tenuta lontana da questo tarlo...Dovremmo decidere, a questo punto, di appartenere al "tipo migliore" di riformisti socialisti e farla finita? Ritengo che ci sia ancora spazio per un partito estraneo alla divisione di classi e libero, di fronte al compito di costruire il futuro, dall'influenza sia dei duri-a-morire sia dei catastrofici che distruggeranno reciprocamente l'opera loro...Dobbiamo accettare il rischio dell'impopolarità e della derisione. Solo allora i nostri dibattiti attireranno le folle e le forze nuove si trasfonderanno nel nostro organismo".

Sono parole che sono state scritte nel 1926, quasi 90 anni fa. Da John Maynard Keynes in "Sono un liberale?". | permalink

giovedì 12 gennaio 2012

10 app da usare


Appena qualche giorno fa siamo stati inondati di classifiche sulle applicazioni più scaricate, gratuite e a pagamento, su quelle più popolari, e così via, del 2011.

Ad anno ormai iniziato, mi limito a fornire un elenco di 10 apps che mi sembrano veramente utili, a prescindere da qualsiasi altro elemento di analisi. E mi concentro esclusivamente su quelle gratuite; per comodità, diciamo. Ordine totalmente casuale.


Hootsuite e Plume.

Come dicono tutti, se si ha voglia e interesse di stare in rete, nel 2012 non si può più evitare di “vivere” Twitter. Ovviamente evitando di emulare i “twitteromani”, vip o non vip. Quelli che ci stanno lettaralmente 24 su 24. A proposito come fanno? Che giornata hanno?

Comunque, avere una presenza ponderata su Twitter è utile e ha senso, oltre che essere divertente. E Hootsuite ad oggi mi sento di preferirla a Tweetdeck, soprattutto da mobile.

Invece Plume è esclusivamente per utenti Android. Instagram Non sono per nulla originale nel segnalare



Instagram.

Ma è davvero impossibile evitarlo. E’ la app del momento da mesi, e lo resterà a lungo. Tutte le altre, di qualsiasi “categoria”, vengono dopo. Dà la possibilità di editare velocemente e relativamente bene le proprie foto. E poi permette di condividerle subito dove si vuole sul web. Oltre che costruire in automatico un archivio in perfetto stile e utilità cloud.



Quickoffice

Avere il vecchio e caro pacchetto Office, rivisto, flessibile e adattato ai nuovi usi e condivisioni, è diventato ineludibile. Non solo su tablet. Anche da smartphone sta prendendo piede (anche le versioni premium). Basta guardarsi intorno quando si viaggia in treno. Non necessariamente in business class.



Foursquare

Non fa solo divertire e sentire al centro dell’attenzione: aumentare i punti con i chech in e scalare la classifica del geotagging mondiale. Essere e utilizzare abbastanza Foursquare fa scoprire luoghi e opinioni che non si conoscono in modo istantaneo, spesso fornisce informazioni che sarebbe quasi impossibile reperire.



Messenger (di Fb)

Facebook è diventato sovraffollato da tempo. E manda continuamente notifiche, da cui magari in certi momenti si vorrebbe non essere disturbati. Il servizio che, invece, si vuole tenere sempre sotto occhio è la chat e i messaggi (da un po’ unificati) che Fb offre. Si tratta ormai di una vera e propria chat mondiale. Da quanto tempo non apriamo Msn? Ecco, Questa app serve proprio, ed esclusivamente, a questo. A gestire in mobilità i messaggi che ci arrivano su fb.



WhatsApp

Con l’ultimo aggiornamento di iOs e l’arrivo di iMessage ha perso un po’ di attenzione da parte degli utenti Apple. Ma resta pur sempre una applicazione rivoluzionaria, che fa comunicare con la sola connessione Internet in qualsiasi modo. Testo, audio, foto, video. E verso qualsiasi smartphone capace di supportarla. Ormai tutti.



Livestream

Il 2012 sarà un anno decisivo anche per il passaggio di massa dalla tv a Internet. Youtube sta incrementando il suo servizio Live, aumentando il numero degli utenti abilitati. Livestream ha migliorato il suo servizio, soprattutto da mobile. Ormai chiunque può prodursi, e da dove vuole, un programmino tv. Deve rispettare solo due vincoli. Una connessione Wi-Fi o Internet decente. E cose interessanti da dire e far vedere.



MyPhone+

Si tratta di una app utile in senso stretto. Permette di sincronizzare la rubrica del proprio telefono con gli amici di Fb. L’unico effetto collaterale si ha nel dover controllare che la sincronizzazione si avvenuta anche per contatti con nomi uguali o simili(foto, compleanni, info varie). E si ha un po’ di confusione nel calendario quando la rubrica supera il migliaio.
[...]

(continua a leggere su The Week.
Ecco tutti gli altri articoli di questo numero
Quattro impegni per Monti di Mario Adinolfi
Università: Spagna VS Italia
Grasse e felici di Alessia Fedele
Urlo disperato di Pina e di Lia Zeng di Cristian Umbro
Tobin Tax? No grazie ) | permalink

martedì 10 gennaio 2012

La crisi che il Pd ringrazierà


Una crisi è anche una grandissima risorsa. E’ vero. Lo dicono in tanti, anche da prima che Berlusconi la smettesse di dire che “i ristoranti sono pieni”. Forse pensava a quelli di Cortina frequentati dalla Finanza a capodanno...
Il 2011 lo ricorderemo, ovviamente, per le dimissioni dell’ex presidente del Consiglio. A me, che nel bene e nel male sono “malato” di centrosinistra senza trattino, l’anno appena salutato rimarrà nei ricordi anche per un altro fatto. E non credo di essere solo, saremo almeno il 2% degli iscritti al Pd. A mio avviso, questa crisi economica e politica, che ha paracadutato Mario Monti a palazzo Chigi per intercessione salvifica di Giorgio Napolitano, ha fatto anche esplodere definitivamente una contraddizione che si era nascosta e portata dietro da anni . Nemmeno la nascita del Pd era riuscita a risolverla. Anzi, da qualche anno col passare del tempo invece di assottigliarsi, paradossalmente, si ingrossava. Quella contraddizione che si è manifestata con la massima chiarezza quando una sera di dicembre in televisione dei dirigenti Pd, al fianco di Di Pietro e Vendola(e della Lega) attaccavano e basta la manovra Monti; e la mattina seguente i deputati e senatori del proprio partito l’avrebbero votata.

In verità, gli addetti ai lavori e i “malati” di cui sopra avevano notato quali assurdità tale paradosso fosse in grado di partorire già tempo prima. Quasi a metà novembre si era ormai sicuri che Berlusconi fosse out, e impazzava il toto ministri. Dirigenti democratici dissero che l’eventuale nomina di un senatore del proprio partito, Pietro Ichino, a ministro del Welfare “sarebbe, per il Pd, una vera e propria provocazione che avrebbe un solo, unico, fine: far saltare il governo Monti”.

I tanti e tanti italiani che non seguono quotidianamente la cronaca politica, e che dunque si erano persi questa “chicca”, come mia nonna, un mese dopo avrebbero recuperato fino in fondo il significato della questione.

Uno in quanto di sinistra può e deve ricordare, ad esempio, che il 16.8% del Pil(dati Istat) serve per le pensioni di oggi, e che chi ha meno di 40 anni, sempre che non intervengano altre riforme in futuro, andrà in pensione dopo i 70 anni anche se con 47 anni di contributi, solo col metodo contributivo e importi da fame letterale.
Uno in quanto di sinistra può e deve ricordare anche che più del 90% delle imprese italiane ha meno di 10 dipendenti, dunque per tutti questi non esiste proprio l’articolo 18. Senza considerare i precari e chi per sbarcare il lunario si apre una partita Iva inventandosi i lavori che può, manco a pensarci.

Uno che a sinistra si prende il lusso di dire questo e altro non può essere un "nemico del popolo", uno “di destra”, uno colpito da chissà quale mania di protagonismo. Queste sono le accuse che in media stiamo leggendo su alcuni giornali e di riflesso anche in rete. E, naturalmente, dire questo non significa non volere e/o escludere una patrimoniale, né che si vuole difendere chi evade, né che si hanno barche o terze case in montagna da nascondere. Anzi. [...]

(continua a leggere su qualcosa di Riformista. Da oggi ho il piacere e la responsabilità di scrivere anche qui. Insieme a The Week sono i luoghi dove mi sento perfettamente a casa mia. Io non chiedo altro. 


Ecco anche tutti gli altri articoli di questo numero 43 di qdR
Via Malinconico, senza malinconie l'editoriale
Gli F35 non si toccano di Gabriele De Giorgi
Contro le vere caste di Paolo Giaretta
Liberalizzare la concertazione di Claudio Petruccioli
Tedesco? Neine danke, è incubo fantapolitico di Stefano Ceccanti
Referendum unica chance di Francesco Clementi
Tutte le spine della Merkel di Dario Parrini
Cercare lavoro stanca di Manuela Sammarco ) | permalink

iPad 3 e iPhone 5: tutti i rumors


Pare proprio che ormai si tratti di un vero “business”, quello dei rumors, evidentemente legato in primo luogo ai prodotti Apple. Le testate online ci vanno caute e alla fine si limitano a fare “riassunti ponderati”. Invece i blog e i forum del settore, in particolar modo quelli specializzati nel mondo della mela, combattono battaglie a suon di Update, smentite e delegittimazioni “dell’avversario”. Ma andando a stringere ciò che si dice di sapere non è molto. E proviamo a fare un po’ di ordine.

Ad oggi le attenzioni sono rivolte su iPad3 e su iPhone5. Cominciamo dal re dei tablet. In molti puntano sul 24 febbraio come data di uscita. Perché? Sarebbe stato il 57esimo compleanno di Steve Jobs. Ma questa è una data credibile soprattutto perché cade tra la fine dell’inverno e l’inizio della primavera. E a un anno dal lancio della seconda versione. Infatti, il dato più certo è che iPad 3 esca al massimo entro marzo.

In tanti, poi, ipotizzano anche un secondo nuovo iPad in uscita in autunno, altro periodo favorevole ai lanci. Però ci si divide sulla natura del device. Chi sogna e dice che sarà addirittura l’iPad4. E chi, molto più razionalmente, prevede che Apple metterà sul mercato un mini iPad per combattere meglio la concorrenza che si fa più agguerrita, provando a segmentare al massimo il settore. Oltretutto entro ottobre i concorrenti faranno uscire nuovi apparecchi con Windows 8.

Veniamo alle caratteristiche e alle cosiddette specifiche tecniche che si vociferano. L’Pad3 non dovrebbe avere rilevanti modificazioni estetiche. Potrebbe, invece, contare su Siri, l’asssitente vocale che lo differenzierebbe da suo predecessore attualmente in commercio. [...]

(continua a leggere su The Week) | permalink

lunedì 9 gennaio 2012

E' il calcio bellezza. Titì è tornato con gol vittoria


Sabato sera uno dei miei amici, quelli che si contano con una mano, al massimo due col resto, mi ha ricordato che lunedì, cioè ieri, ci sarebbe stato un interessante terzo turno di FA Cup. Lui è tifoso del Leeds da quando lo ha scoperto in seconda o terza elementare, non ricordo. E giù campionati e campionati con PC Calcio, e poi Football Manager.

Io invece con Fifa 98 avevo scoperto Ray Parlour e Dennis Bergkamp, e per caso, nel 1997, vidi una partita dei Gunners ad Highbury. Sempre per caso a distanza di qualche anno vidi Fever Pitch e conobbi i libri di Nick Hornby. E allora capì che non poteva essere un caso.

Alla fine la rabbia e lo sconforto per lo schifo del calcioscommesse si cancella in un attimo. Anche se l'attimo è stato confezionato oltremanica. Al minuto 78 di Arsenal-Leeds, terzo turno di FA Cup di cui sopra. Come stavo commentando in tempo reale su Twitter poco fa, conversando con ragazzi che non conosco "incontrati" grazie all'hashtag #Henry, tutti stavamo sperando che Henry entrasse e che magari sbloccasse quello 0-0. Oltretutto per evitare un'altra partita ai Gunners in questo periodo dell'anno intasato e pieno di infortuni.
Alla fine Henry è entrato, con un doppio cambio proprio al fianco di quel Theo Walcott che gli ha "fregato" il suo vecchio numero 14.
Ma subito ha fatto capire che pure con il 12 la storia non cambia. Il secondo pallone glielo ha dato Song. Col suo movimento di sempre, accentrandosi dalla sinistra, ha stoppato e col suo piattone destro l'ha messa sul secondo palo.
Lo stadio non è venuto giù di foga. Ma di lacrime di gioia. Qualcosa di sensazionale. Mi dispiace ma credo che solo il pallone possa donare queste emozioni.

Henry è andato subito ad abbracciare Wenger, colui che più di 10 anni fa gli aveva dato fiducia dopo un'annata negativa in Italia. Straordinario. Pure i milioni di sterline, dollari, euro, diventano noia.



(a proposito, segnalo il post dell'amico Salvatore Mammone) | permalink